di Bruno Niola. Powered by Blogger.

sul metodo wwf

Premessa

Nel 1990 il WWF Internazionale ha elaborato la sua Mission, condivisa da tutte le organizzazioni nazionali e affiliate.

La missione del WWF è la conservazione della Natura e dei processi ecologici tramite:
  • la conservazione della diversità genetica, delle specie e degli ecosistemi, 
  • la promozione di un uso delle risorse naturali che sia sostenibile sin da ora e nel lungo termine, per il beneficio di tutta la vita sulla Terra, 
  • la lotta all’inquinamento, allo spreco e all’uso irrazionale delle risorse naturali ed energia 
Lo scopo finale del WWF è fermare e far regredire il degrado dell’ambiente naturale del Pianeta e contribuire a costruire un futuro in cui l’umanità possa vivere in armonia con la natura
Perché l’attività umana sia sostenibile, cioè permetta ai cicli della natura di autoripristinarsi garantendo la possibilità alle generazioni presenti e a quelle future di poter continuare a vivere sul nostro pianeta, l’impatto che l’umanità esercita sul pianeta non deve superare le soglie critiche della capacità di ripristino dei cicli vitali e, visto che non si conosce con esattezza la loro soglia, l’umanità deve utilizzare il “principio della cautela”, procedendo in modo tale che si possa tornare sui propri passi. E' necessario cambiare la nostra vita in modo che anche la vita sulla terra possa, lentamente, rigenerarsi.

"Io mi chiedo se è vero che vogliamo stare meglio, quando quotidianamente facciamo di tutto per stare peggio. Cioè, facciamo una cosa sola: obbediamo ciecamente al mercato, al furore tecnico-economico che domina il mondo. Lavoriamo di più, più in fretta, più ansiosamente. Per che cosa? Già chiederselo è un miracolo, perché non c'è più tempo per chiederselo" (Alex Langer). 

In questa luce l’educazione ambientale può rendere le persone più sensibili rispetto alle questioni etiche e ambientali, ai valori, alle attitudini, alle abilità e ai comportamenti nella prospettiva dello sviluppo sostenibile trovando il modo di costruire un percorso dal punto in cui è arrivato questo mondo, al punto in cui dobbiamo condurlo perché ci sia ancora bellezza, gioia e giustizia. La sostenibilità non può essere propagandata come limitazione, impoverimento... ma come arricchimento culturale, spirituale, qualitativo, ecocompatibile della vita dei singoli e delle comunità, in chiave di creatività, condivisione e sobrietà (vd. Sobrietà felice). Il principio di sufficienza, che alcuni preferiscono chiamare "semplicità volontaria", dovrà ispirare, insieme al principio di efficienza, la riprogettazione ecologica della società.

L’educazione ambientale a tutti i livelli e su numerosi fronti è quindi per il WWF uno dei principali metodi di azione da adottare per conseguire la Mission.

Sfondo esterno culturale, sociale, economico 

Dopo quasi trent’anni di lavoro (trentacinque da Tblissi) l’educazione ambientale si colloca in un contesto ampiamente cambiato rispetto al passato e deve analizzarne gli elementi per decidere i cambiamenti necessari e ricalibrare il proprio intervento.

In questo lasso di tempo l’educazione ambientale (EA) è entrata nelle istituzioni che, in misura crescente, se ne occupano. Dopo anni di indifferenza degli organi centrali del sistema pubblico (con la positiva nascita di mille “diversità” di metodi di intervento locale ma altresì con la conseguente mancanza di definizione di ruoli e di criteri di relazione fra le diverse strutture) si assiste oggi, in molte aree del Paese, a una progressiva “istituzionalizzazione” dell’EA stessa.

Anche i soggetti privati che, in collaborazione o meno con enti locali, si occupano di educazione ambientale sul territorio sono aumentati e si sono anche ampliate le categorie dei gruppi proponenti (non solo le associazioni ambientaliste ma i consorzi, gli uffici comunali, il CNR, etc). Una delle più significative mutazioni che l'educazione ambientale sta subendo è quella della progressiva professionalizzazione degli operatori, con il conseguente ingresso in quest'ambito di elementi tipici del mondo professionale educativo (la valutazione, la capacità progettuale, l'analisi costi-benefici, la formazione e l'auto-formazione, la continuità di azione, l'attribuzione di un valore economico alle azioni, ecc). Ciò da un lato consente di garantire una maggiore "qualità metodologica" ma rischia al tempo stesso di far perdere quell'elemento di freschezza, flessibilità, vicinanza ai problemi e leggerezza.

I ruoli che i vari soggetti devono svolgere sono quindi più complessi, nascono sovrapposizioni e competizioni, ma anche possibilità di alleanze e lavoro in rete e la necessità di una definizione e caratterizzazione della propria identità, della propria mission, del proprio metodo di lavoro.

Osservando la situazione esterna un dato che emerge in modo molto forte è il consenso diffuso sulla gravità del problema ambientale: questa consapevolezza rischia di essere un'affermazione stereotipata e all’elevata gravità, riconosciuta, del problema ambientale corrispondono solo in parte comportamenti coerenti e adeguati (spesso comportamenti di trasgressione).

Oggi risulta aumentato il livello di informazione ad esempio all'interno del mondo della scuola: già nel 1991, molto prima che di educazione ambientale si facessero formalmente carico le istituzioni, conoscenza e informazione erano abbastanza diffuse. Spesso la qualità dell'informazione (di media, di pubblicità) genera non cultura riproponendo quello che già si conosce e si consuma (pornoecologia secondo il termine efficace coniato da Baudrillard). A partire dalla fine degli anni ottanta i ragazzi sembrano avere ricevuto quindi informazioni e opportunità di vivere proposte nel campo dell'educazione ambientale ma sembra esistere, ed essere difficilmente modificabile, una mancanza di coerenza, una scarsa coscienza dei rapporti di casualità, una concezione non contestualizzata delle problematiche. Manca il collegamento tra percezione e azione ed è carente la capacità di elaborare le informazioni, peraltro massicciamente acquisite, collegandole con comportamenti coerenti e adeguati o la mancanza di motivazione a farlo.

Il linguaggio ambientalista poi non è più una novità, anzi: alcuni soggetti politici o economici se ne sono appropriati in modo strumentale mutuando dalla cultura ambientalista solo l’aspetto esteriore, banalizzandola e svuotandola di contenuti e valori.

Questo fenomeno ha “spuntato” la carica di rottura del linguaggio ambientalista riducendolo spesso ad un kitcth e inducendo un invecchiamento precoce per ogni nuovo tema o approccio innovativo venga via via proposto.

Fino a qualche decennio fa, i giovani che prendevano parte a programmi educativi, provenivano da contesti socio/ambientali ancora ricchi di stimoli e di possibilità di esperienza diretta. Nel bene e nel male, l’ambiente di vita dei più si poteva ancora configurare come un “luogo” cioè uno spazio fisico abitato da una molteplicità di soggetti e di relazioni sociali ed ambientali diverse e diversamente esperibili dall’individuo. Oggi si può dire che la maggioranza della popolazione del primo mondo vive in un non-luogo cioè in uno spazio in cui le relazioni del singolo con l’ambiente sociale e fisico locale sono sempre più labili mentre si affermano rapporti di carattere bilaterale fra il singolo e le istituzioni anonime (scuola, stato, ente locale, servizi, televisione, internet, strutture commerciali). Lo sradicamento dal contesto socio ambientale e la difficoltà di avere esperienze di vita forti ed autonome, producono un numero crescente di ragazzi con problemi relazionali. La solitudine dei ragazzi in particolare, la fine del "vicinato", la mancanza di "maestri di vita", la virtualità e la passività su cui buona parte delle relazioni si basano, producono spesso ragazzi che non sono capaci nè abituati a gestire continuativamente delle relazioni con altre persone e che presentano problemi nella esperienze di vita di gruppo.

Molte ricerche evidenziano scarso valore della partecipazione sociale e dell’impegno attivo nella risoluzione dei problemi, posto nettamente in secondo piano rispetto a valori privatistici e personali. Collegabile a questo punto è la sottovalutazione della propria responsabilità ma anche lo scarso senso di efficacia personale: una debole cultura civica, che fa sì che si tenda a colpevolizzare soggetti diversi da sé, per esempio l'industria. Un altro dato che emerge è una forte sovrapposizione tra la trasgressività ambientale e quella sociale. In una situazione di questo tipo sembra che il rispetto venga praticato più per un’aspettativa di ordine ed equilibrio piuttosto che per convinzione e impegno

La società italiana si è avviata a grandi passi verso un orizzonte multi-culturale: il massiccio ingresso di immigrati stranieri si scontra con una società non abituata a gestire grandi diversità culturali, etniche e religiose. Si assiste, da una lato ad una chiusura a riccio di molte realtà sociali ‑ e soprattutto quelle più svantaggiate ‑ verso gli stranieri, e dall’altro all’introduzione da parte degli immigrati di nuovi stili di vita spesso molto più compatibili con l’idea di “luogo” sopra ricordato.

Per quanto riguarda la scuola aumenta il numero di bambini figli di immigrati, generalmente con più alti tassi di natalità, con conseguenti problemi di inserimento ma anche con nuove opportunità e bisogni educativi.

Fortunatamente nel panorama scolastico si affacciano importanti innovazioni che vanno nel senso di un maggior legame fra scuola e territorio ed un maggior ruolo sociale e territoriale della scuola.

Il ruolo dei docenti sta rapidamente cambiando: da trasmissori di un sapere codificato e dato, essi stanno diventando facilitatori del rapporto fra ragazzi e territorio. Il docente si pone come conduttore di un processo formativo che ha il territorio, e non più la sola scuola, come sfondo e la mancanza di certezze – l’imparare a decidere in condizioni di dubbio - come ineludibile corollario. L’acquisizione consapevole di questo nuovo ruolo non può non passare attraverso un’intensa attività di formazione – oggi carente e rigida – che non sia riferita all’universo chiuso della scuola ma sappia valorizzare le offerte formative del territorio. Il ruolo di “facilitatore” svolto dal docente, centrale in ogni programma serio di educazione ambientale, passa a sua volta attraverso la sua motivazione: ed è proprio la motivazione del docente il perno attorno a cui dovrebbero ruotare tutte le politiche scolastiche e di educazione ambientale in particolare.
 

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