I ricercatori di
Facebook, guidati da Eytan Bakshy, hanno
pubblicato un nuovo studio che si interessa a come le persone ricevono e reagiscono
alle notizie all’interno delle reti sociali. Un studio che ci invita a “Ripensare alla diversità
dell’informazione nelle reti” (vedi
l’articolo di ricerca intitolato, più modestamente, Il
ruolo delle reti sociali nella diffusione dell’informazione).
Perché “ripensare alla diversità informativa delle reti sociali?" Perché generalmente i ricercatori si accordano nel ritenere che in questo ambito venga favorita l’omofilia, ossia i legami con persone che si somigliano, favorendo il “restringimento” della parte del web che frequentiamo. Numerose tesi accreditano questa ipotesi, che i social media e le tecnologie digitali tendano a dividerci in tribù ideologiche che leggono, guardano o ascoltano solo le notizie che confermano le proprie credenze, come spiegato da Farhad Manjoo nel suo libro True Enough. È anche la tesi di Eli Pariser in The Bubble Filter: gli algoritmi di personalizzazione del web ci spingono a consumare una diversità informativa sempre più ridotta. Cass Sunstein, nel suo libroRepublic.com, arriva a dire che il web potrebbe essere incompatibile con la democrazia, rendendo la società sempre più polarizzata e solipsista.
Perché “ripensare alla diversità informativa delle reti sociali?" Perché generalmente i ricercatori si accordano nel ritenere che in questo ambito venga favorita l’omofilia, ossia i legami con persone che si somigliano, favorendo il “restringimento” della parte del web che frequentiamo. Numerose tesi accreditano questa ipotesi, che i social media e le tecnologie digitali tendano a dividerci in tribù ideologiche che leggono, guardano o ascoltano solo le notizie che confermano le proprie credenze, come spiegato da Farhad Manjoo nel suo libro True Enough. È anche la tesi di Eli Pariser in The Bubble Filter: gli algoritmi di personalizzazione del web ci spingono a consumare una diversità informativa sempre più ridotta. Cass Sunstein, nel suo libroRepublic.com, arriva a dire che il web potrebbe essere incompatibile con la democrazia, rendendo la società sempre più polarizzata e solipsista.
I legami deboli sono gli
aspetti più influenti dei nostri reti sociali
L’esperienza di Bakshy
era abbastanza semplice. Normalmente quando uno dei vostri amici condivide un
legame su Facebook, il sito utilizza un algoritmo conosciuto sotto il nome di
EdgeRank che determina se il legame deve essere appoggiato al vostro flusso. Nell'esperienza
di Bakshy, realizzata nel corso di sette settimane nell'estate 2010, una
piccola frazione di questi legami veniva censurata in modo aleatorio e non
veniva aggiunta al vostro flusso. Il blocco aleatorio dei legami ha permesso a
Bakshy di creare due popolazioni distinte. Nel primo gruppo, c’era un legame
richiesto da un amico che decideva se condividerlo o ignorarlo. Invece, nel
secondo gruppo, le persone non ricevevano la richiesta ma, se vedevano altrove
la notizia, potevano decidere di condividerla. Paragonando il comportamento dei
due gruppi, Bakshy ha potuto rispondere ad alcune importanti domande sul modo
con cui navighiamo nella notizia on line, ha spiegato Farhad Manjoo in un forum su
Slate.com. Le persone sono più inclini a
condividere le notizie perché sono i loro amici a inviargliele? E se siamo più inclini
a condividere queste storie, con quale genere di amicizie vorremmo condividere
queste notizie (amici prossimi o persone con cui abbiamo interagito poco di
frequente?)
L'esperienza ha permesso
a Bakshy di vedere come una nuova informazione (la notizia che non avreste
condiviso se non l'avreste notata su Facebook) viaggi attraverso le reti. Una
serie di risposte che ha permesso di chiarire meglio quello che Farhad Manjoo
definisce "la camera di risonanza": se un algoritmo come EdgeRank dà
maggiore importanza a una notizia che avete già visto, ciò farebbe di Facebook
una camera di risonanza delle vostre opinioni. Ma se EdgeRank favorisse le
nuove notizie che viaggiano in rete, allora Facebook diventerebbe una fonte
preziosa di informazioni più che un riflesso del vostro "piccolo"
mondo.
È esattamente quello che
asserisce Bakshy. Infatti, ha mostrato che, quanto più siete vicini a un amico
su Facebook (quanto più commentate l’un l'altro i vostri post, quanto più
spesso apparite insieme su delle foto, eccetera), tanto più condividerete i link con
questo amico. A prima vista, sembra che Facebook incoraggi la camera di
risonanza: "Abbiamo la tendenza a dare risonanza alle conoscenze più
vicine."
Ma se tendiamo a
condividere la notizia con gli amici più prossimi, continuiamo anche a
condividere le informazioni dei nostri legami più deboli, e questi link che
provengono dalle conoscenze più remote sono i nuovi legami delle nostre reti.
Questi link tendono a diffondere una
notizia che non avreste condiviso se non l'avreste notata su Facebook. Questi
legami deboli sono indispensabili alla vostra rete, spiega Bakshy: "Hanno
accesso a siti web differenti che altrimenti non visitereste."
L'importanza di questi
legami deboli sarebbe senza importanza se i nostri rapporti su Facebook non
fossero principalmente costituiti da legami deboli. Anche se prendiamo in
considerazione la definizione più morbida di un legame forte (qualcuno con cui
avete scambiato un messaggio o un commento), la maggior parte delle persone
hanno più legami deboli su Facebook rispetto a quelli forti. "Sono le
persone più influenti nelle nostre reti sociali", sottolinea Farhad
Manjoo: "Questo ci suggerisce che Facebook e i social media non ci
propongono solamente una conferma del mondo, ma EdgeRank tende a farci uscire
dalla nostra bolla filtrante invece di rafforzarla."
La
nostra rete relazionale è eterogenea?
Certo, la dimostrazione
è corposa: la ricerca ha coinvolto 253.000 persone che hanno condiviso più di
75 milioni di URL! Non sono invece sicuro che la dimostrazione di Bakshy porti
a quello che ha illustrato Farhad Manjoo. In effetti, questo studio non ci dice
niente sul modo con cui interpretiamo le notizie che ci arrivano. Bakshy non
precisa se le storie a cui accediamo grazie ai nostri legami deboli
differiscono ideologicamente della nostra visione del mondo. In pratica, non ci
sono dati per stabilire se le amicizie deboli condivise su Facebook ci fanno
davvero uscire dalla nostra bolla. Le nostre amicizie lontane sono eterofile o
omofile? Se i legami deboli ci portano una maggiore diversità, dobbiamo ancora
misurarla.
I ricercatori che si
interessano a queste domande hanno sinora sottolineato, invece, che alla fine
chi si somiglia, si piglia. "I social media tendono piuttosto a
rafforzare le differenze sociali", ha sottolineato Dahah Boyd. La nostra xenofilia è abbastanza limitata, ha ricordato in modo analogo Ethan
Zuckerman. La base della nostra rete relazionale su
Facebook non è costruita in un modo strategico tale da aumentare la diversità
delle nostre relazioni: al contrario, l'algoritmo che favorisce le relazioni si
appoggia su queste per suggerirne di altre. E la diversità della nostra rete
relazionale è alla fine abbastanza debole. L'omogeneità e la similarità sono
spesso le prime ragioni dell’avvio delle nostre relazioni.
Sinan Aral e Marshall Van Alstyne hanno
mostrato che i legami deboli non sempre erano i più efficaci per poter ricevere
nuove notizie. Lo studio di Bakshy dimentica, certamente, il contesto che
determina lo scambio informativo. In novembre, una ricerca ("Social selection and peer influence in
an online social network”) realizzata
da tre sociologi del Berkman Center for Internet and Society di
Harvard - Kevin Lewis,
Marco Gonzalez e Jason Kaufman,
ha ricordato che gli studenti che condividevano certi gusti per musica e film
tendevano a essere insieme più legati rispetto agli altri. Comunque,
insistevano gli autori, ciò non significava necessariamente che i loro gusti
erano influenzati da ciò che i loro amici ascoltano. Se la prossimità (sociale,
di genere, razziale, geografica e socioeconomica) ha una sua importanza per
stabilire delle relazioni, la divisione dei gusti è più complessa.
E tutto ciò non prende
in considerazione il nostro funzionamento cognitivo che tende a riconfigurare il mondo perché si
adatti alle nostre ideologie partigiane:
ciò significa che, se anche mettessimo gli occhi su notizie che sono differenti
dalla nostra visione del mondo, ciò non significherebbe automaticamente che le
accetteremmo facilmente, al contrario.
Una maggiore diversità
umana ci porta a minori diversità personali
Nel suo blog, il
giornalista Jonah Lehrer (di cui le edizioni Robert Laffont hanno appena
tradotto la prima opera, Proust était un neuroscientifique dopo
aver fatto uscire da qualche mese il suo secondo libro Faire le bon choix, che vi raccomando caldamente, tutti e due) ci ricorda
che i contrari non si attirano. "Le persone ne cercano altre a cui
somigliano. È l'effetto di attrazione per i simili che gli psicologi hanno
rilevato in quasi tutte le culture. Non importa dove viviamo, come siamo
cresciuti o la lingua che parliamo, abbiamo voglia di passare del tempo con le
persone che ci somigliano."
E il giornalista cita lo studio (.pdf) degli psicologi Paul
Ingram e Michael Morris della Columbia University che hanno invitato a un cocktail un
gruppo eterogeneo di dirigenti. La maggioranza aveva prima dichiarato che il
loro principale obiettivo era quello di incontrare il maggior numero possibile
di persone differenti per allargare la loro rete sociale. Purtroppo, non è
quello che è avvenuto. Munendo i partecipanti di etichette elettroniche, Ingram
e Morris hanno rilevato che i partecipanti hanno principalmente interagito con
le persone a cui più somigliavano: i banchieri hanno discusso coi banchieri, i
commercialisti tra loro e i contabili con altri contabili. Invece di tessere
relazioni con degli sconosciuti che provengono da altri ambienti, tendiamo ad
avvicinarci a persone che giungono da un mondo simile al nostro. "La
limitatezza del loro ambiente sociale si era rafforzata", ha
sottolineato Lehrer. Le persone tendono a parlare con coloro che conoscono già
o a ricercare quelli che sono più simili.
Ma questa voglia di
similitudine non si limita a influenzare il nostro comportamento nelle serate
mondane, ma determina anche le nostre modalità sociali. È ciò che hanno
dimostrato gli psicologi Angela Bahn, Kate Pickett e Christian Crandall della
Kansas University (vedi il loro studio: Social ecology of similarity : Big
schools, small schools and social relationships). Questi psicologi hanno cercato di misurare se la
diversità sociale portava ad avere amicizie più diversificate. I ricercatori
hanno paragonato le relazioni tra studenti che provengono dal campus
dell'università del Kansas (25.000 studenti) con quelli di quattro piccoli
collegi del Kansas ubicati in zone rurali (che hanno una media di 525 alunni).
I ricercatori hanno avvicinato coppie di persone negli spazi pubblici di queste
scuole per farle rispondere a un sondaggio che richiedeva prima i dati demografici
(età, origine etnica, ideologia politica, religione) e che poi poneva delle
domande sulle loro opinioni personali (Cosa pensate dell'aborto? Vi siete già
ubriacati? Quante sigarette consumate? Fate dello sport?) Una serie di domande
di questo tipo consente di generare rapidamente la descrizione di una persona e
di valutare un tasso di similitudine.
"In un mondo
ideale, la possibilità di incontrare molte persone differenti dovrebbe portarci
a una grande diversità di amicizie. Ma gli psicologi hanno constatato il
contrario. Gli studenti del campus diventavano principalmente amici di persone
che somigliavano tra loro in modo più marcato rispetto a quanto avviene nelle
scuole rurali." Secondo gli scienziati, il livello di correlazione tra
amicizie generato dal sondaggio è stato superiore all’80% per le domande poste
agli studenti della Kansas University. Invece di frequentare persone differenti
– con possibili disaccordi sull'aborto o sulla passione per gli sport -, gli
studenti hanno ubbidito all'attrazione per la similarità, passando al vaglio la
vasta popolazione del campus “per trovare la
cerchia di amicizie più omologa possibile". Come sottolineato dai i
ricercatori, "i contesti sociali più allargati determinano migliori
opportunità per un assortimento ancora più ravvicinato."
È una cosa triste sotto
vari aspetti, afferma Jonah Lehrer. Intanto, le amicizie erano in realtà più
vicine e più durature nei piccoli college, e ciò suggerisce che non ci sia niente di
intrinsecamente benefico nel ricercare persone simili (i contrari non attirano,
ma dovrebbero farlo). Altri studi hanno mostrato che avere una rete sociale
diversificata porta dei benefici impressionanti, come mostra questa analisi (.pdf) del
sociologo Martin Ruef sui diplomati della Business
School di Stanford. Gli imprenditori che hanno una rete
sociale più entropica e variegata hanno una capacità di innovazione tre volte
più elevata rispetto agli altri, suggerendo che la possibilità di accedere a
notizie che provengono dall’esterno è una fonte essenziale per le nuove idee.
"Malgrado questi
risultati, i nostri vecchi istinti sociali ci portano sulla cattiva strada e alla
fine rimaniamo intrappolati in una bolla di omogeneità." Questi
risultati vanno a complicare le giustificazioni per l’adozione di programmi di
interazione positiva, afferma ancora Lehrer. Ad esempio nella causa di Grutter
contro Bollinger, la Corte Suprema americana ha stabilito che le università
hanno "un interesse determinante ad ottenere quei vantaggi educativi
che derivano da una popolazione studentesca diversificata". In teoria,
è assolutamente vero, come sottolinea il giornalista scientifico. Ma la ricerca
degli psicologi del Kansas ci mostra che la diversità ne viene minata, tanto
che un corpo studentesco più allargato porta ad interazioni meno variegate.
Come ripetuto dai ricercatori: "Quando le opportunità abbondano, le
persone sono libere di scegliersi criteri più stretti per la selezione delle
proprie amicizie mentre, quando hanno meno possibilità di scelta, devono
trovare soddisfazione utilizzando criteri meno rigidi. I nostri risultati
rivelano un aspetto ironico: tanto più è grande la diversità umana in un
ambiente, tanto meno si ottiene in termini di diversità personale."
A meno di costruire
nuove strategie sociali evolute, è molto probabile che le reti sociali digitali
abbiano gli stessi difetti delle reti sociali reali.
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